Il mese scorso ho compiuto gli anni e ci fu festa in famiglia. Ricevetti parecchi biglietti di auguri ma ve ne fu uno che non dimenticherò più. Gli autori erano i miei tre figli. Vi era scritta una sola frase tratta dall’Antico Testamento e più precisamente dal Libro di Qoelet , figlio di Davide, re di Gerusalemme.
La frase era leggermente modificata rispetto all’originale e tuonava così:
C’è un tempo per demolire e un tempo per (RI)costruire Qoèlet, 3,3
Il senso di quella frase non lo capii immediatamente e inizialmente la presi come una provocazione, ma poi mi resi conto che avevano perfettamente ragione.
È capitato negli ultimi 10 anni di interrogarsi sui grandi problemi che l’uso sconsiderato delle risorse naturali (petrolio, energie varie) può arrecare al nostro pianeta ormai affaticato e si solleva forte un allarme su cosa lasciamo in eredità ai nostri figli, ma soprattutto cosa lasciamo a coloro che ancora non hanno potuto godere dei privilegi che noi abbiamo in malo modo dissipato. Inoltre, ci si trova oggi a chiedere comportamenti virtuosi non solo a chi ha goduto fino ad ora dei privilegi derivanti dall’uso delle risorse che oggi sembrano non più disponibili o comunque da utilizzare con cautela, ma anche ai popoli che mai hanno potuto attingere a tali risorse.
Insomma, l’augurio era proprio questo: “Papà tu che appartieni alla generazione dei dissipatori che, negli ultimi cinquant’anni, si sono divertiti a portare alla rovina questo mondo, adesso impegnati, per i prossimi cinquanta a rimetterlo in sesto e ridarcelo come era prima” .
Per me è stata peggio di una coltellata e mi sono domandato successivamente cosa potessi fare nel concreto. Ero convinto che tornare indietro sarebbe stato impossibile, se non con una bacchetta magica, ma alla fine ho pensato che la Ricostruzione potesse avvenire solo dopo aver accettato il momento presente.