“Il Parco che Vogliamo” è un processo di Placemaking

Il 23 novembre ha avuto luogo l’inaugurazione della seconda edizione del percorso We Care, presso l’Aula Magna dell’Istituto Corinaldesi Padovano di Senigallia. Il tema della giornata riguardava la partecipazione, la rigenerazione urbana e… il placemaking.

La filosofia del Placemaking deriva dall’attività condotta negli anni ’60 da Jane Jacobs e William H. Whyte, i quali avevano teorizzato la necessità di progettare le città americane per le persone e non solo per le auto o come shopping center. Il loro lavoro si focalizzava sulla necessità sociale e culturale di realizzare quartieri vivibili e spazi pubblici attraenti. A partire dal 1975 questo approccio è stato raccolto dall’Associazione newyorkese Project for Public Spaces (PPS) diffondendosi a livello internazionale e coinvolgendo oltre 3.000 comunità locali in 43 nazioni.

Il Placemaking parte da queste importanti considerazioni per arrivare a promuovere un’idea molto concreta: dal momento che ognuno di noi usufruisce di determinati luoghi per i più diversi motivi, e quindi li conosce in ogni loro sfaccettatura, ne consegue che ogni cittadino può diventare una risorsa utile nell’opera di pianificazione, progettazione e gestione di spazi pubblici di alta qualità.

Il parco che vorrei...

I veri esperti sono i cittadini, con il loro bagaglio di conoscenza diretta del luogo. La sua portata rivoluzionaria consiste appunto nel considerare di fondamentale importanza l’opinione degli abitanti di una determinata comunità con riferimento ai possibili miglioramenti che possono essere apportati in quegli spazi pubblici che gli stessi sono soliti frequentare, usando come punto di riferimento i loro bisogni, le mancanze lamentate e tutto quanto possa rendere (sempre attenendosi a tale opinione) un determinato posto il più confortevole possibile.

Bryant Park a New York

Non si tratterà allora di costruire semplici giardini o piazze o quant’altro di diverso, ma di rendere un quartiere o una città dei posti invitanti tramite una combinazione non casuale dei vari fattori, che sia di stimolo all’instaurazione di relazioni sociali al suo interno e in cui vengano svolte attività capaci di coinvolgere tutti, dal primo all’ultimo soggetto.

Per usare una metafora, il placemaking confeziona, per un preciso spazio pubblico, un vestito su misura, che asseconda le richieste degli abitanti di una data comunità, i quali hanno evidentemente una relazione particolare con quel determinato luogo perchè lì ci vivono o ci lavorano o, molto più semplicemente, perché lì ci passano il loro tempo libero. Cittadini che influenzano il processo decisionale: quale migliore esempio di sussidiarietà orizzontale?

Specchio di Viganella
Catacombe

In Italia ci sono alcuni casi esemplari. A Viganella, in provincia del Verbano-Cusio-Ossola, il sindaco ha progettato uno specchio in grado di riflettere i raggi del sole sulla piazza del suo paese altrimenti in ombra. Nel Rione Sanità di Napoli, don Antonio Loffredo ha trasformato la sacrestia della sua chiesa in una palestra dove i giovani del rione si allenano a tirare di boxe ed ha promosso un progetto per il recupero delle antiche catacombe cittadine. Quest’ultima attività genera un’attività economica, attrae turismo di qualità, ed è un’occasione di lavoro e riscatto per i giovani del quartiere. Al suo fianco ci sono appunto loro, quelli che don Loffredo raccoglie dalla strada per impegnarli col lavoro. Da qui l’idea di dare vita alle cooperative (La Paranza), che gestiscono le Catacombe di Napoli, ovvero i cimiteri sotterranei scavati nel tufo che, da bellezze sepolte e inutilizzate, sotto la “gestione” di padre Antonio sono passati da 6mila visitatori l’anno alla bellezza di 80mila, offrendo lavoro a centinaia di ragazzi. 

Il parco che vorrei...

A Senigallia, nel 2018 dopo un timido tentativo di introdurre tale pratica in una scuola della città con l’Urbanista Ippolito Lamedica, dobbiamo giungere alla primavera del 2022 con il processo partecipativo attivato sul Parco della Cesanella e denominato “Il parco che vogliamo”. Il percorso ha una visione ed una strategia. La visione è quella di favorire la coesione della comunità locale sulla riqualificazione di un bene comune come quello del Bosco urbano della Cesanella; e la strategia è quella di generare il senso di comunità attraverso il protagonismo dei cittadini che co-progettano e co-gestiscono gli spazi con le istituzioni partendo dai bisogni dei più piccoli a quelli degli adulti. Il processo, conclusa la fase contributiva di cittadini e scuole, è al momento a metà tra la progettazione preliminare ed alcune opere che saranno compiute entro il 2024.

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