In Italia un’azienda su quattro non sa evidenziare né i vantaggi né gli svantaggi del fare rete.
L’ottanta per cento delle piccole e medie imprese si dicono ‘per nulla interessate’ o ‘poco interessate’ a prendere in considerazione l’ipotesi di mettersi in rete.
Sulle reti d’impresa, tra il dire e il fare, il mare da colmare è oceanico.
Perché è difficile fare collaborare le piccole e medie imprese? La motivazione che troppo facilmente è chiamata in causa è che i titolari di queste aziende sono eccessivamente individualisti.
Voglio qui sottolineare che il tema delle alleanze tra le imprese non è assolutamente un problema razionale, di conti e di numeri: è soprattutto un problema di relazioni. Ogni cambiamento induce nelle persone sentimenti, pensieri ed emozioni non necessariamente consapevoli e dichiarati.
Il cambiamento che un imprenditore, titolare di una piccola impresa, attraversa mettendosi insieme ad altri suoi colleghi è molto elevato. Non siamo di fronte a scambi di azioni di aziende forse mai viste, o conosciute solamente attraverso report periodici dei propri manager e analisti.
Qui sono storie di vita che si fondono e quindi bisogna muoversi con cautela. È molto facile che i primi sentimenti possano essere di frustrazione, di paura e di giudizio critico: “E se poi non va bene, come mai non ce la faccio ad andare avanti da solo…?”.
Trasformare queste energie negative in risorse positive, quali ad esempio l’entusiasmo, il coraggio e la curiosità, non è né automatico né banale. Richiede un lavoro costante, alla pari, se non superiore, a quello analitico sui conti e sui processi.
Ecco perché un progetto di alleanza deve vedere figure multidisciplinari che affianchino gli imprenditori intenzionati a fare un cammino insieme ad altri, compresi professionisti di coaching e counseling.
Qualsiasi business plan di una futura rete di imprese fallirà sotto i colpi dei timori e delle incertezze degli attori principali. Allora, meno osservatori e più laboratori per sperimentare davvero possibili alleanze tra imprese.