‘Cambiare il lavoro’ non significa ‘Cambiare lavoro’

Secondo lo State of the Global Workplace 2023 di Gallup, di cui si è parlato alle Giornate di Bertinoro, in Italia solo il 5% dei dipendenti si sente coinvolto nella propria attività (media europea (13%) e media globale (23%), mentre si sente parlare più spesso di ‘quiet quitters’, persone passive, che vanno al lavoro senza soddisfazione e facendo il minimo indispensabile. Invece, il livello di stress sul lavoro, pur in calo, resta preoccupante: il 46% dei dipendenti in Italia dichiara di sentirsi stressato.

La pandemia ha influito molto sul grado di coinvolgimento delle persone e tanto è vero che sta crescendo il numero di lavoratori ‘active disengaged’ (27%). Il che vuole dire che quasi un terzo dei dipendenti va al lavoro percependo i propri bisogni insoddisfatti, con il risultato di sentirsi frustrato e provare ostilità nei confronti dell’azienda per cui lavora. All’economia italiana il disengagement costa 273 miliardi di euro all’anno, circa il 13% del PIL

Ma quali sono le principali cause che generano disaffezione nei luoghi di lavoro? Il lavoro oggi pone al centro due importanti dimensioni, quella ‘acquisitiva’ e quella ‘espressiva’. La prima è quella del posto di lavoro che assicura una stabilità economica ed un certo potere d’acquisto. La seconda si riferisce ad un bisogno umano fondamentale insoddisfatto che è quella della propria identità che spesso non viene riconosciuta.

Un’identità non validata da parte del datore di lavoro fa perdere il senso della propria presenza e di appartenenza ad un certo contesto organizzativo; l’ingranaggio infatti soffoca il senso di libertà e di creatività tipica dell’essere umano. Pertanto, si deve parlare della differenza tra il lavoro ‘giusto’ e quello ‘decente’ che, invece di andare di pari passo, nella realtà questo non avviene. A questo si aggiunge che la conoscenza codificata (manuali, protocolli, mansionari) è la più richiesta rispetto a quella ‘tacita’, in cui il lavoratore libera le proprie energie psichiche e spirituali.

Infine, sull’’engagement’ e quindi anche sul ‘disengagement’ incide moltissimo la qualità del management, caratterizzato, soprattutto nelle piccole imprese, da uno stile gerarchico e padronale e da un basso tasso di investimento nel capitale umano. A questo si aggiunge che le figure in assoluto più in difficoltà, dopo la pandemia, sono gli stessi manager che faticano ad adattarsi al nuovo modo ‘ibrido’ di lavorare.

Come affrontare questo disaffezionamento del personale dipendente e il suo disallineamento rispetto ai propri capi? Attraverso la cura reciproca, ossia cooperando nella comprensione e nella risoluzione dei problemi e nello sviluppo del business aziendale (processo di democratizzazione del lavoro).

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OLTRE LA FORMA. Risignificare le organizzazioni per generare cambiamento

Si è conclusa la 23esima edizione delle Giornate di Bertinoro, organizzata da AICCON, con nuove e potenti sollecitazioni che investono le organizzazioni del terzo settore, i suoi operatori e tutta l’economia sociale.

Le due giornate hanno avuto il pregio di disegnare una ‘bussola’ e non una ‘mappa’ grazie alla quale poter orientare i nostri percorsi. Prendendo in prestito la metafora di Platone nel Fedro, i due cavalli della biga, che l’auriga deve imparare a guidare con determinazione, devono mantenere la stessa velocità e la stessa direzione. In sostanza, affinchè non snaturino la loro essenza, le imprese del terzo settore devono far marciare insieme i due cavalli, ossia la dimensione economica organizzativa, tipica di quelle capitalistiche, e quella motivazionale intrinseca. Tuttavia, pare che invece siano concentrate più sulla prima che sulla seconda perché la dimensione del ‘dono’ di sé agli altri, inteso come bene relazionale, spesso si rileva debole (il ‘dono’ non va confuso con la ‘donazione’  che è tipica della filantropia).  

L’altra sfida è quella del recupero del mutualismo e della civilizzazione del mercato. Riportare il mercato al bene comune, secondo l’insegnamento francescano, inteso come luogo del ‘mutuo vantaggio’, e non contro l’interesse o a discapito dell’altro.  Questo è l’orientamento della Carta Costituzionale, che Mattarella stesso ha rimarcato di recente, nel senso di un ritorno all’economia civile (homo homini natura amicus di Genovesi) e non quella dell’’homo economicus’ di matrice capitalistica (homo homini lupus di Hobbes).

Infine, ‘trasformare’ e non solo ‘cambiare’ le regole del gioco all’interno di un modello tripolare che vede la Comunità affiancarsi allo Stato e il Mercato. In che modo? Intanto, bisogna comprendere bene la differenza che vi è tra ‘cambiamento’ e ‘trasformazione’. Il primo non cambia la direzione di marcia, perché si può essere innovatori o diventare economicamente ed organizzativamente più efficienti/efficaci ma il risultato rimane sempre quello di prendersi cura degli ‘effetti’ di un certo tipo di disagio (p.es. vedi l’esplosione delle povertà educative); la seconda, invece, va incidere sulle cause che determinano certi problemi. Le organizzazioni (tutte) che hanno capito questo sono quelle ‘trasformative’ perché, collaborando insieme, possono produrre un risultato diverso rispetto ad un semplice cambiamento di direzione.

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Siamo ancora troppo negazionisti. Riflessioni sulla Laudate Deum

Ci stiamo avvicinando al Cop 28 di Dubai di dicembre e Laudate Deum esce in un momento particolarmente significativo per il rilancio del dibattito sul pianeta.

L’Enciclica Laudato Si uscì nel maggio del 2015 poco prima della 21esima conferenza delle Nazioni Unite (Cop 21. Le Cop riuniscono i paesi del mondo con lo scopo di dibattere sui cambiamenti climatici in atto e trovare un accordo globale da raggiungere congiuntamente). Dopo otto anni, il Papa, rileva che “con il passare del tempo non abbiamo reagito abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”. E questo è peggiore del negazionismo, perchè tutti, cittadini e governi, nonostante abbiano preso consapevolezza del pericolo che l’umanità sta correndo per evitare tutto questo, non s’impegnano abbastanza nel dare risposte efficienti ed efficaci ai problemi che generano i cambiamenti climatici. “Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali”. Che cosa aspettarci dal COP 28? Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica che includa azioni efficienti, vincolanti e facilmente monitorabili in modo permanente.

Altro tema importante è la riconfigurazione del ‘multilateralismo’. Il Papa non pensa ad un’autorità mondiale o personale da cui far dipendere le sorti del pianeta e né solo ad organizzazioni mondiali efficaci e dotate di autorità, per assicurare il bene comune mondiale, ma ad un multilateralismo “dal basso”. Tante aggregazioni e organizzazioni della società civile, talvolta, si sostituiscono alla Comunità internazionale, che mostra la sua debolezza o carenza di attenzione verso i diritti umani. E’ l’affermazione del ‘principio di sussidiarietà’ nel rapporto tra glocale e locale, perchè “se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali”. Tuttavia, questo non si deve intendere come lo scavalco della politica o della diplomazia che continuano ad esercitare il loro ruolo nelle comunità nazionali ed internazionali nell’adozione di misure di contrasto. “Il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere, ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune”.

Infine, sul ‘paradigma tecnocratico’, che è alla base dell’attuale processo del degrado ambientale, il Papa ci ritorna su con maggiore forza dopo averlo già affrontato nella Laudato Si. Oggi le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), l’intelligenza artificiale, le biotecnologie e, sempre più, le nanotecnologie stanno trasformando il modo di vivere di molte persone, presentando sia opportunità che minacce per la società. Tuttavia, “l’uomo oggi è nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé. Non è strano che un potere così grande in simili mani sia capace di distruggere la vita”. Qui si aggancia il complesso tema della crescita senza limiti, grazie alle tecnologie, rispetto allo sviluppo che tocca, oltre la crescita, anche la sfera socio-relazionale e quella spirituale dell’uomo; se solo una di queste tre dimensioni fosse assente non ci potrebbe essere sviluppo umano integrale. “La vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale”; e il Papa conclude con un invito a ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ad impreziosirlo con il proprio contributo. “…già gli sforzi delle famiglie per inquinare meno, ridurre gli sprechi, consumare in modo oculato, stanno creando una nuova cultura; e se ciò non produce immediatamente un effetto molto rilevante da un punto di vista quantitativo, contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società”.

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I Ragazzi di Caivano e gli istinti fuori controllo

EYES WIDE SHUT è il titolo dell’ultimo film di Kubrik del 1999 con Tom Cruise e Nicole Kidman, dagli analisti citato a causa di ciò che è successo a Caivano.

Caivano (NA)

Gli impulsi sessuali di questi ragazzini in età preadolescenziale sono portati alle estreme conseguenze anche a causa del porno online e delle pratiche sessuali estreme che esso propone, soprattutto a sfavore delle donne. Quello cui assistono, data la loro forte vulnerabilità psicologica, li porta ad emulare ciò che vedono, credendo che tutto sia possibile, gratificante e liberatorio da ogni inibizione. A tutte le ore del giorno si può assistere a tutto questo con un semplice smartphone. Tutti possono guardare e dare sfogo ad ogni tipo di desiderio con la differenza che gli adulti possono salvarsi grazie al proprio sistema di valori (quando ce l’hanno), i più piccoli no.

Lo Stato corre ai ripari facendo sentire il suo ‘vocione’ garantendo sequestri, multe salate e pene detentive a genitori e ragazzi, forte presidio sui territori, diversi milioni di euro di aiuti e l’ennesimo commissario che dovrà riportare la legalità. Ovviamente, non mancano coloro che ritornano ad indicare nelle alleanze educative (p.es. scuola/famiglia) la strada per venire fuori da questo disagio proponendo la solita formula: più formazione per tutti! Insomma niente di nuovo. Le solite prese di posizione cui assistiamo dagli anni 90 con ben pochi risultati.

La porcheria intanto si organizza sempre meglio, assecondando e portando agli estremi i comportamenti sessuali che nei giovanissimi sono sempre più incontrollabili.

Tornando al film, esso propone un percorso di scoperta dei desideri sessuali che oltre ad essere potenziati dall’assunzione di alcolici e droga, indica anche come sia possibile tornare indietro con le proprie risorse psichiche e valoriali. L’idea di fondo è che non si riesce a reprimere o punire comportamenti, che vanno oltre soglia, con i soliti decreti e/o mirate alleanze educative.

SEMPLIFICANDO, parliamo di porno ai ragazzi a scuola e a casa e smascheriamolo nelle sue dinamiche distruttrici, al fine di poterlo evitare ed affrontare impulsi devastanti prima che sia troppo tardi.

A questo proposito suggerisco la visione di due spot che si ispirano al film che provano addirittura a sdrammatizzarlo.

https://youtu.be/p9yEZ2_XyIQ?si=vx8heXCKVWAtG6jE (Segugio.it)

https://youtu.be/rI3wPdNdYvI?si=YhagGSa10jKAjYLx (Bitter Campari)

#semplificazione

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Quanto valgono le relazioni nella ricerca del lavoro?

La riflessione nasce dalla evidenza che una gran parte degli incontri sul mercato del lavoro avviene attraverso conoscenze personali fra chi cerca e chi offre lavoro. Si tratta di un fenomeno che in Italia è poco o nulla considerato e applicato nelle politiche attive del lavoro e nei processi di job placement, differentemente da quanto avviene in altri paesi, dove da tempo fa parte degli approcci innovativi introdotti nei servizi per l’impiego e nei processi di employability.

Oggi il canale più praticato da parte di chi cerca lavoro è quello della conoscenza personale, diretta o mediata da altri, del datore di lavoro. Infatti, se nel 2009 il 28.7% dei disoccupati trovava lavoro grazie ai contatti forniti da amici e parenti, nel 2012 questa percentuale è passata al 56.8, cioè si è raddoppiata.

Le politiche attive, generalmente in uso, intervengono quando vengono applicate sul capitale umano delle persone in cerca di occupazione  (bilancio delle competenze, formazione, orientamento). Inoltre, propongono percorsi di accompagnamento nella ricerca del lavoro, attraverso il supporto alla stesura del CV e la proposta di opportunità di lavoro provenienti da varie fonti. Recentemente, si riscontrano anche interventi volti a migliorare la capacità di utilizzo dei Social Network. Risultano, invece, appena sufficienti gli interventi che esplicitamente si rifanno al tema del capitale sociale e delle reti relazionali volti ad incrementare il primo e ad ampliare e diversificare il secondo.

Di fatto, si trascura che il reale canale di collocamento è quello delle relazioni e delle reti personali e, anziché fare leva su di esse, si punta ad incrementare (vanamente) il peso degli altri canali (agenzie pubbliche e private). Anche a livello di rilevazioni statistiche e di sondaggio il fenomeno è poco analizzato, o lo è in maniera frammentaria e non omogenea; manca un esplicito orientamento in tal senso, nonostante la cospicua presenza di metodologie e strumenti di analisi consolidati. Il fenomeno è, in definitiva, ancora poco preso in considerazione……

Invece, si può intervenire sul capitale sociale e sulle reti relazionali delle persone che cercano lavoro in maniera più consistente. In che modo? Introducendo specifici ed approfonditi momenti formativi finalizzati a rilevare ed incrementare le competenze di utilizzo delle reti sociali; abbinando al bilancio delle competenze il bilancio del capitale sociale; sperimentando ed introducendo modelli innovativi di intervento sulle reti di relazione. Riguardo a quest’ultimo punto, fondamentale può essere il ruolo dei ‘Referrer’ (o Jobs Angels).

Chi sono e quali caratteristiche possiedono? Generalmente, sono persone con un capitale sociale elevato ed ancora utilizzabile basato sulla loro capacità di connettere soggetti diversi e mondi diversi. Inoltre, hanno un’elevata reputazione nei confronti dei soggetti appartenenti alla loro rete e hanno accesso alle informazioni dirette sulla persona a cui fanno da sponsor; sono spinte, infine, da motivazioni disinteressate (volontariato) e la loro ‘ricompensa’ è quindi legata ad un’ulteriore e diversa fonte  di incremento della propria reputazione.

Nelle nostre comunità il reperimento di queste risorse ‘ponte’ tra il cercatore e il suo datore di lavoro non dovrebbe essere poi così difficile, ma forse queste figure, grazie alla loro sensibilità, già operano in silenzio per il bene di persone, spesso non giovani, che affannosamente sono alla ricerca disperata di un posto di lavoro. Esattamente come il Barone Rothschild era solito accompagnare nelle stanze della sua banca le persone in cerca di lavoro o di un finanziamento per la loro impresa, al fine di farle conoscere persone influenti e utili a fornire qualsiasi tipo di sostegno.

Sembra un riflessione di altri tempi, quando si usava parlare di ‘raccomandazioni’ di persone influenti a vantaggio di persone prive di un sufficiente capitale sociale utile a trovarsi autonomamente un posto di lavoro. In effetti, non è proprio così perché non possiamo confondere quello che è lo ‘scambio di favori’, spesso con finalità elettorali, con quello che è un ‘accompagnamento’, non sempre fruttuoso, di giovani e meno giovani, da parte di persone che disinteressatamente cercano di prodigarsi, utilizzando il loro enorme capitale sociale. E su questo la Politica, intesa come servizio e come ‘accompagnamento delle persone in difficoltà, può senza dubbio intervenire, potenziando e valorizzando questa modalità attiva di ricerca del lavoro.

Recente ricerca sull’argomento INAPP https://www.inapp.org/…/23062022-inapp-chi-trova-un…)

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