Riceviamo e volentieri pubblichiamo un nuovo post sull’Accoglienza (dal Piccolo Concorso sull’Accoglienza) a cura di Bruno Cardilli, formatore in Laughter Yoga e grande amico mio di Ancona, a cui va il mio ringraziamento.
Alcuni neuro scienziati sostengono che se ci fosse una macchina in grado di fare dei test e di fotografare due persone in empatia, ci stupiremmo nel vedere un vortice di energia elettromagnetica dai colori cangianti, uscire dai loro corpi e danzare nello spazio vuoto che li divide. Se potessimo udire il suono di questo meraviglioso vortice, resteremmo inebriati da una musica armonica e rigenerante, capace di rasserenare anche l’animo di chi si trovi lì vicino.
Ma non voliamo troppo in alto. La semplice accoglienza è qualcosa di molto più leggero, ma non per questo meno importante, considerato il ruolo strategico – sempre più “attenzionato” dagli esperti di comunicazione e di marketing – che riveste negli scambi interpersonali, a partire da quelli professionali e commerciali.
La mia esperienza di persona (essere umano, marito, genitore, figlio, fratello e fuoriditesta), nonché di formatore, mi ha portato a valorizzare un principio fondamentale: che l’accoglienza che riesco ad esprimere all’esterno, agli altri, è lo specchio preciso di quanto sono capace di osservare, accogliere e accettare i miei pensieri, le mie emozioni e le mie sensazioni fisiche, di qualsiasi natura essi siano. Conoscere me stesso, essere consapevole, è dunque il passo fondamentale per conoscere, accettare e accogliere l’altro da me.
Ma se l’autoconoscenza è un percorso continuo, lento e profondo, che raccomando a tutti, il mio ruolo di formatore e di consulente mi ha portato a valorizzare nel breve due strumenti tanto semplici quanto efficaci che presento con ottimi risultati nei miei corsi.
Il primo consiste nell’imparare, attraverso le tecniche di memoria, i nomi dei propri clienti (di aziende, bar, ristoranti, negozi in generale). Essere chiamati inaspettatamente per nome significa essere riconosciuti ed apprezzati, oltre a costituire un efficacissimo strumento di predisposizione al dialogo. Si dice che il suono del proprio nome rappresenti per ciascuno di noi tutta la nostra vita, le nostre esperienze, chi siamo e come ci vediamo.
Il secondo è il mio “cavallo di battaglia”, ed è il sorriso. Ho scoperto la meravigliosa efficacia dello Yoga della Risata, una disciplina creata dal medico indiano Manan Kataria, capace di creare un clima positivo all’interno di aziende, negozi, gruppi di lavoro, ridurre lo stress lavorativo e migliorare la produttività aziendale. Attraverso un insieme molto semplice di tecniche favorisce l’empatia ed uno stato di benessere che dura per diversi giorni.
Il leitmotiv dello Yoga della Risata è: quando ti ridi tu cambi e se tu cambi il mondo intorno a te cambia. Immaginate l’energia che si sprigiona in un negozio dopo una breve sessione di yoga della risata con il personale addetto alle vendite. Chi vi entra percepisce quasi sempre qualcosa a livello inconscio che, se non è in grado di influenzare le sue decisioni d’acquisto, gli fa comunque dire tra sé e sé qualcosa come: “non so perché, ma le persone di questo negozio mi sono simpatiche: ci tornerò”.
Caro Alberto, così come mi avevi chiesto ho cercato di sintetizzare il concetto di accoglienza senza dilungarmi in affascinanti e quasi romanzeschi racconti di esperienze personali, perchè non tutti, distratti come siamo oggi, possono capire il vissuto di chi scrive. Ad esempio, l’uomo fa difficoltà a cogliere il vero senso di accoglienza di una mamma che porta per nove mesi in grembo una nuova creatura (è questa una sitazione unica e stupenda), la donna fa difficoltà a comprendere le esperienze superficiali di un uomo sul palcoscenico della sua attività lavorativa. Bisognerebbe tendere a formule molti più stringate, sintetiche e sostanziose al cui interno però ci dovevano essere i concetti essenziali: 1- capire se uno la possiede o no la capacità dell’accoglienza, 2 – considerata la funzione e l’importanza dell’accoglienza, se uno ne è spovvisto la può acquisire, 3 – come si acquisisce e con quali azioni, infine 4 – esercitarla nella giusta maniera. Mi permetto questa nota perchè leggendo i vari interventi ho la sensazione che si corre il rischio di non centrare l’obiettivo in quanto non tutti hanno avuto la capacità, la fortuna di interiorizzare certe sensazioni e quindi, specialmente i più giovani, che dispongono di un bagaglio limitato di esperienze possono essere distratti e non cogliere l’azione formativa a loro diretta. Non me ne volere. Con affetto, Antonio Guarino
"Mi piace"Piace a 1 persona
Infatti, Caro Antonio, il Piccolo Concorso è per gente come noi, di esperienza, che ne ha viste e fatte di cotte e di crude. Raramente potrà coinvolgere un pubblico giovanile in quanto trattandosi di argomento ‘tosto’ te lo potrà affrontare con difficoltà. Il trattato sul’accoglienza lo stiamo facendo noi, quindi, e devo dire che senza dare particolari input o connotazioni, vengono fuori dei contributi molto diversificati. Chi si butta sulla definizione astratta, chi sul racconto (io), chi sulla speculazione filosofica, chi non si butta proprio. E nel caso di questi ultimi, ho provato a coinvolgere ed invitare qualche under 30 ma al momento sto aspettando ancora…. 🙂
"Mi piace""Mi piace"