Cari Simone e Maurizio,
mi rivolgo a voi perché è un pezzetto che vi conosco e poi ritengo che in campo
ambientale e partecipativo abbiate una certa esperienza. Ho partecipato all’incontro/dibattito organizzato da Città Futura sulla ricostruzione dei comuni del cratere e sono rimasto principalmente colpito dall’uso dei pronomi personali. Vi spiego perché.
Partendo da Senigallia ed arrivando ad Arquata, in questo momento le nostre
amministrazioni locali e regionali stanno vivendo momenti drammatici,
principalmente perché si trovano SOLE a gestire problemi giganteschi.
Lo vedete sul nostro territorio devastato dall’alluvione di tre anni fa, per il quale oggi il nostro Sindaco si trova in difficoltà giudiziarie; e lo vedete nella area del cratere dove ad un anno dal sisma ancora siamo in emergenza, con gente che abita non più a casa sua e
con tante attività economiche finite probabilmente per sempre.
Immagino che in questo anno i Sindaci siano stati quotidianamente combattuti tra la
necessità di dare risposte immediate ed il timore di condizionare il futuro delle
proprie comunità con scelte d’emergenza di cui non è possibile valutare l’impatto
complessivo. Mi risulta che, superata la fase dell’emergenza, in più di una sede sia stata
evidenziata dai sindaci l’esigenza di un pensiero strategico che, nel rispetto degli elementi identitari di ogni comunità, renda possibile il necessario coordinamento territoriale delle agende locali.
All’incontro veniva spesso pronunciato il pronome ‘NOI’ ossia tutti insieme,
(associazioni comitati e liberi cittadini), data l’inerzia pubblica dovuta ad una
percezione delle emergenze fortemente diversa, con ricadute evidenti sui ritardi nelle
risposte, rinunciamo al dialogo e andiamo avanti da soli. Sarebbe bello ma non è
possibile!
Inoltre, i vari relatori tracciavano delle visioni anche ‘poetiche’ della ricostruzione,
addirittura con un grande ritorno dell’economia dell’autosufficienza, secondo cui
portando le persone in questi luoghi disastrati, possiamo riportare la montagna come
era una volta. Bello anche questo ma lo trovo difficile senza una coerente e condivisa
strategia di sviluppo, in cui tutte, ma proprio tutte, le componenti di una comunità
decidono del proprio destino.
Oggi la nuova programmazione comunitaria per le aree rurali e montane ci offre una
nuova opportunità di concertazione che dovremmo prendere in seria considerazione.
E’ la strategia dei Progetti Integrati Locali (PIL), finalizzata all’esaltazione delle
potenzialità del capitale territoriale (patrimonio naturale e culturale, energia sociale
della popolazione, sistemi produttivi locali agricoli, turistici, manifatturieri), facendo leva sulla partecipazione diretta delle istituzioni, delle imprese e dei cittadini a tutte le
fasi del progetto: dalla definizione delle strategie, alla attuazione degli interventi, fino
alla valutazione finale dei risultati ottenuti rispetto alle attese iniziali.
E’ sicuramente una metodologia valida, perché non utilizzarla anche per la
ricostruzione?