Carpe diem, fidentes oculos ad futura convertens 

epicuroIl primo Festival dell’epicureismo, ideato e realizzato ad agosto di quest’anno da Michele Pinto, ha ‘rispolverato’ uno dei miei filosofi più amati quando frequentavo il liceo.

All’epoca eravamo tutti epicurei e non ci mancava niente. Cercavamo amici veri, soddisfacevamo i nostri bisogni e piaceri (ma non eravamo dissoluti) e praticavamo l’introspezione per capire noi stessi e cosa volevamo dalla vita, utilizzando come ‘giardino’ d’incontro la Villa Comunale o Via Plinio. Non pensavamo al futuro molto di più del presente che invece c’interessava moltissimo. Campavamo, insomma, all’insegna dell’‘Afferra il giorno, confidando il meno possibile nel domani (Carpe diem quam minimum credula postero, Orazio).

Ma eravamo anche stoici (cristiani)! Il senso della missione e del darsi da fare con responsabilità nei riguardi di chi fosse più sfortunato di noi (es. tossicodipendenti, alcolisti e tutti i poveri in senso materiale e spirituale) cominciava a crescere e diventare parte integrante dei nostri progetti per il futuro.

Questo bilanciamento tra piacere e dovere non sempre era possibile ma auspicabile. Offrivamo il nostro tempo libero per il volontariato in parrocchia, assistevamo persone in difficoltà ma non ci facevamo mancare le nostre pizze o le feste a casa di qualcuno il fine settimana dove talvolta lasciavamo spazio alla trasgressione innocente, per dire che il dovere sì ma fino ad un certo punto. 

E così scorreva il tempo…e questa convivenza pacifica tra epicureismo e stoicismo è rimasta intatta per molti anni; l’uno aveva bisogno dell’altro; l’uno senza l’altro si sentiva menomato. Fino ai giorni nostri dove si sta imponendo invece un uomo che non è più epicureo nè tanto meno stoico perché la dissolutezza e la mancanza di responsabilità hanno preso il sopravvento. La massima oraziana del carpe diem è stata stravolta. Un uomo che pensa esclusivamente al benessere ed al tornaconto personale, distruggendo irresponsabilmente tutto ciò che invece dovrebbe rimanere godibile dalle generazioni future, è un uomo irriconoscibile e senza futuro.

Voglio tuttavia concludere in positivo, con la rivisitazione della massima oraziana a cura della prof.ssa Michela Rosellini, a sostegno di un futuro sodalizio tra stoici ed epicurei:

“Carpe diem, fidentes oculos ad futura convertens” 

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